Anzitutto lavarsi le mani!

Le raccomandazioni per limitare la diffusione del coronavirus sono tante. La prima regola però rimane quella di lavarsi bene le mani col sapone. Ma quanti hanno l’abitudine di lavarsi le mani regolarmente dopo essere andati al bagno? La risposta arriva da un sondaggio della Gallup risalente al 2015. I risultati sono riportati in questa mappa.

Credits: https://jakubmarian.com/a-study-reveals-how-many-europeans-wash-their-hands-with-soap/

Lascio al lettore qualsiasi tipo di riflessione o commento.

La morte in cifre

Fra i vari tabù della nostra società quello della morte è senz’altro quello più potente. Un argomento di conversazione da evitare ad ogni costo. Oggi proviamo a sfatare questo tabù e parliamo apertamente di morte. O meglio le cifre della morte.

Tutti in cuor nostro ci domandiamo con una certa regolarità quando arriverà il nostro momento. Quanto tempo ci rimane prima del fatidico incontro con la nera mietitrice. E quali i motivi della nostra dipartita: passeremo a miglior vita beatamente in sonno oppure ci attende un trapasso più traumatico?

Dopo aver dato uno sguardo alle ultime statistiche e alle tavole di mortalità prodotte dall’ISTAT, infigures vi propone questo report dinamico che tiene in considerazione tre variabili: sesso età e provincia.

In caso di problemi a visualizzare il report potete cliccare direttamente qui.

Chiaramente i numeri riportati nel report non servono assolutamente a fare una previsione sul singolo, quanto piuttosto descrivono le statistiche dell’intera popolazione italiana.

E ora che abbiamo appurato che non morirete né di corona virus né di attacco terroristico né di incidente aereo, lasciamoci con un sorriso:

(dal film Caro Diario di Nanni Moretti)

Scuole a confronto

Questo è il periodo dell’anno in cui tanti genitori sono impegnati nella scelta della scuola dove iscrivere i propri figli. Che siano elementari, medie o superiori poco importa. Alcuni optano per la scelta più facile: la scuola più vicina a casa. Altri si lasciano consigliare da amici, colleghi e parenti, il cosiddetto passaparola. Negli ultimi anni sta prendendo piede il cosiddetto Open Day: giornate in cui la scuola apre le porte a genitori e futuri alunni per farsi conoscere e (possibilmente) scegliere, in vista dell’anno scolastico successivo. Infine, altri ancora cercano di prendere una decisione il più attenta possibile andando a controllare le “statistiche” delle varie scuole. Eh già, esistono online delle vere e proprie “pagelle” che sono visibili a quanti vogliono confrontare i numeri delle strutture scolastiche.

I due siti di riferimento sono:

Scuola in chiaro
Eduscopio

Il primo, Scuola in chiaro, è un sito promosso dal MIUR (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca) offre il prospetto delle informazioni relative a tutte le scuole italiane, di ogni ordine e grado:

  • Scuola d’infanzia
  • Scuola primaria,
  • Scuola secondaria di I grado
  • Scuola secondaria di II grado
  • Centro di formazione professionale
  • Centro provinciale istruzioni adulti

In gergo: asili, elementari, medie e superiori! Sul sito è possibile localizzare le scuole, visualizzare i contenuti delle singole schede informative ed effettuare un confronto sulla base di alcuni parametri scelti dall’utente.

Il Ministero cura l’aggiornamento dei dati e degli indicatori riguardanti la singola istituzione scolastica. Ma oltre a ciò ogni scuola ha la possibilità di integrare tali informazioni con quelle di propria esclusiva conoscenza: didattica, piano triennale dell’offerta formativa, servizi offerti, strutture, ecc. Insomma una fonte inesaribile di informazioni.

Esempio di Rapporto di autovalutazione

Il secondo, Eduscopio (della fondazione Agnelli) è pensato specificatamente per confrontare le scuole superiori. Nasce con l’obiettivo di rispondere a due possibili domande:

  • quale scuola mi prepara al meglio per l’università?
  • quale scuola mi prepara al meglio per il mondo del lavoro?

A differenza di ‘Scuola in chiaro’, l’approccio di Eduscopio prevede che le scuole siano messe a confronto a partire dagli esiti universitari e lavorativi dei diplomati. L’idea di base è che chi ha avuto una buona istruzione scolastica e un buon orientamento è più probabile che ottenga buoni risultati universitari. In particolare per comparare la capacità delle scuole di preparare per gli studi universitari vengono presi in considerazione due indicatori: 1) la media dei voti conseguiti agli esami universitari, ponderata per i crediti formativi di ciascun esame 2) Crediti formativi universitari ottenuti, in percentuale sul totale previsto.

Licei scientifici di Roma secondo Eduscopio
Esempio di scheda su Eduscopio

Insomma questi due siti rappresentano una miniera infinita di informazioni sulla bontà delle scuole. Non vi rimane altro che visitarli e dare un’occhiata voi stessi. Buona scelta a tutti!

La media del pollo

La domanda “che lavoro fai?” mi ha messo sempre un po’ in imbarazzo. Non tanto perché lavoro nel mondo del porno, come tester di ascelle o degustatore di alimenti per cani, quanto piuttosto perché sono uno statistico e mi sono accorto che sul tema c’è parecchia disinformazione. La tipica discussione si svolge più o meno così:

-E tu che lavoro fai?

-Lo statistico.

-Ah, fai le statistiche! Te le raccomando quelle!

-[sine verbis]

Al che mi si presentano due strade. La prima quella tentare di spiegare il mio lavoro, la seconda –decisamente più prudente- quella di cambiare discorso. In generale, mi sono accorto che le statistiche non sono viste di buon occhio. I più avversi oppositori si rifanno sempre alla proverbiale “media del pollo” del poeta Trilussa: tra chi mangia un pollo intero e chi nulla, in media hanno mangiato mezzo pollo a testa. Breve sintesi per etichettare la statistica come falsa e ingannevole.

Il punto è che la media (aritmetica) è un indicatore statistico e come tale serve a fare una sintesi dei dati. E in virtù di questa sintesi lascia inevitabilmente qualcosa fuori.

Un fenomeno particolarmente distorto (o iniquo come ad esempio la distribuzione del reddito o la storia del pollo di Trilussa) non dovrebbe mai essere “sintetizzato” utilizzando la media aritmetica. E questo lo sanno bene gli statistici che conoscono i limiti della media aritmetica e per questo motivo non sintetizzano mai un fenomeno con un numero secco. D’altra parte questa loro consapevolezza si scontra puntualmente con la tendenza delle persone (e spesso anche dei giornalisti) a semplificare le cose. Molto più semplice dire che in Italia il reddito medio è di 29 mila e rotti euro piuttosto che raccontare come il reddito si distribuisce (in maniera iniqua). Inoltre, tutti siamo a nostro agio con il concetto di “media” mentre sono in molti quelli che arricciano il naso quando sentono parlare di “mediana” o peggio di “deviazione standard”. Brrr rabbrividiamo!

Allora il concetto che vorrei far passare è che lo sforzo deve essere da entrambe le parti: gli statistici (e in generale chi si occupa della gestione dei dati) e coloro che usufruiscono dei dati (giornalisti e utenti in generale). I primi devono impegnarsi a comunicare i dati nella maniera più semplice e comprensibile (senza cadere nei tecnicismi), i secondi devono fare lo sforzo di andare oltre il dato elementare e guardare a più di un indicatore.

Su questo blog avremo modo di parlare di indicatori statistici (ad esempio media, mediana e moda) e delle diverse tipologie di medie (aritmetica, geometrica, armonica,…). E soprattutto, sotto quali condizioni risulta opportuno utilizzarle.

E se proprio mezzo pollo deve essere, per me ala e coscia! Niente petto!

Italia un paese di litigiosi

Gli italiani hanno una innata propensione a risolvere le controversie in sede legale. La dura realtà è messa in luce -ad esempio- dal rapporto 2012-2014 della CEPEJ (vedi tabella oppure scarica il report completo). A poco contribuiscono le norme tese a promuovere i metodi alternativi di risoluzione delle controversie (in inglese ADR – Alternative Dispute Resolution).

I motivi della elevata litigiosità italiana sono di varia natura, in primis aspetti socio-culturali, la scarsa fiducia nella possibilità di affrontare pacificamente la controversia. A questo si aggiunga la complessità del tessuto normativo responsabile inoltre del proliferare di un numero spropositato di studi legali lungo tutto lo stivale.

Qui di seguito viene riportata la cartografia tratta da Indice di Litigiosità in Italia 2001-2014.  L’indice di litigiosità è il rapporto tra il numero di cause civili di primo grado sopravvenute nell’anno presso i Giudici di Pace e i Tribunali Ordinari e la popolazione media residente per 1.000. In conformità con l’ultima pubblicazione de “L’italia in cifre – 2015” da parte dell’ISTAT (vedi estratto) per il calcolo dell’indice è stato considerato il totale delle cause civili di primo grado, sia contenzioso sia non contenzioso (volontaria giurisdizione). Pertanto questo indice non è da considerarsi un vero e proprio indice di litigiosità. Nonostante questo limite, l’indicatore consente di effettuare confronti sia a livello geografico sia temporale.

Indice di litigiosità in Italia 2014

Indice di Litigiosità in Italia 2001-2014

Bambine più intelligenti dei maschietti?

Sempre alle prese con il rapporto del MIUR “Esiti dell’esame di Stato e degli scrutini nella scuola secondaria di I grado” (scarica pdf) mi sono imbattuto in una cosa interessante e una cosa buffa.

La cosa interessante è un grafico, la cosa buffa è una nomenclatura che viene utilizzata nel rapporto. Ma andiamo con ordine. Il grafico che mi ha dato da pensare e che ha dato il titolo al post è il seguente:

Graf. 7 - Voto medio riportato nelle singole prove d'esame per genere - A.S.2013/2014

il quale mostra in maniera lampante lo schiacciante predominio femminile quando si parla di risultati scolastici (in particolare l’esame di terza media… eh volevo dire scuola secondaria di secondo grado!).

La prima considerazione è che la scala dell’asse verticale va probabilmente dal sei all’otto e dunque la differenza risulta ancora più marcata e impietosa. Proviamo dunque ad utilizzare una scala dall’1 al 10 per vedere come cambierebbe visivamente. Nel rifare il grafico, pur con una certa ritrosia, ho utilizzato gli stessi colori del MIUR (fucsia compreso). Ecco il risultato:

Graf. 7 - Voto medio riportato nelle singole prove d'esame per genere - A.S.2013/2014

La sostanza non cambia ma il paragone è meno impietoso. Quello di cambiare la scala in grafici simili è una delle tecniche base di chi voglia mentire con le statistiche (particolarmente famoso a questo proposito il libro “How to lie with statistics” di Darrell Huff del 1954). In ogni caso, come dicevo, la sostanza non cambia: si evince facilmente che le bambine… sono più intelligenti dei maschietti? Certo che no! Un ricercatore serio non cadrebbe mai in questo errore. Il grafico ci dice esclusivamente che in termini di risultati all’esame di terza media le bambine “performano” meglio dei bambini. Non ci dice nulla riguardo ai MOTIVI di tali differenze. Purtroppo molto spesso mi capita di leggere articoli di giornalisti  che commettono questo tipo di errori (buona o cattiva fede che sia). Più raro ma decisamente più inquietante quando a sbagliare non sono gli articolisti ma i ricercatori stessi. Quello che mi preme è che il lettore abbia gli strumenti giusti per smascherare queste corbellerie.

Ma allora come si spiegano queste differenze? Sono dovute al caso? Io direi che sono dovute piuttosto a motivi di carattere sociale. Un recente studio dell’OCSE spiega che la la differenza tra maschi e femmine in termini di performance scolastica non ha alcun motivo di ordine genetico. Semplicemente i ragazzi dedicano in media un’ora in meno a settimana agli studi rispetto alle loro coetanee.

Questo chiude il discorso attorno alla cosa interessante e veniamo alla cosa buffa del rapporto: l’uso del termine “licenziati“. In tutto il rapporto si parla di “licenziati” per definire i ragazzi che hanno superato l’esame con successo ed hanno conseguito felicemente la Licenza Media… ops scuola secondaria di secondo grado! Ho appena finito la scuola e sono già licenziato.

Gli esami delle “medie”

Oggi mi sono imbattuto in un articolo dal titolo “Terza media, un esame che può decidere la vita” (leggi articolo) che mi ha fatto pensare un poco al modo in cui i dati vengono letti e interpretati. L’articolo prende spunto da un documento pubblicato sul sito del MIUR dal titolo “Esiti dell’esame di Stato e degli  scrutini nella scuola secondaria di I grado” (scarica pdf).

In particolare nell’articolo viene riportato il seguente grafico a barre:

 

L’articolista commenta il grafico dicendo che il voto riportato all’esame di terza media (o più propriamente “Scuola secondaria di I grado”) è fondamentale per determinare le sorti del futuro di tanti ragazzi. In soldoni chi prende nove o più finisce al liceo gli altri sono destinati a marcire tra lacrime e sudore negli istituti tecnici o peggio ancora professionali.

Quello su cui non mi trovo affatto d’accordo è il nesso di causa-effetto tra votazione d’esame e futuro che viene sotteso nell’articolo. Siamo di fronte ad un classico esempio di “correlazione spuria” di cui un giorno mi piacerebbe parlare più approfonditamente.  Il voto dell’esame è solamente il risultato di una certa propensione allo studio e questa stessa propensione allo studio -o voglia di studiare- influirà sulla scelta della scuola secondaria di II grado. Di fronte a questo grafico il mio commento sarebbe senz’altro diverso rispetto a quello che leggo su skuola.net

Da un punto di vista statistico sarebbe interessante leggere lo stesso grafico non più orizzontalmente ma verticalmente, ovvero: di coloro che hanno scelto il liceo, quanti hanno preso 10 e lode all’esame di terza media? quanti 10? quanti 9? ecc. ecc. Con i soli dati della tabella di cui sopra non è possibile fare questa trasformazione. La lettura in verticale è possibile solo se si conosce anche la distribuzione dei voti d’esame, in altre parole la tabella 2:

Tab. 2 - Licenziati all'esame conclusivo del I ciclo per genere e voto finale (valori percentuali) - A.S.2013/2014

Dalla combinazione delle due informazioni (Graf.12 e Tab.2) si può ottenere con un pochi calcoli il grafico che mi sono divertito a ricostruire e che riporto qui di seguito.

Grafico12

Questo grafico può raccontare una storia diversa da quella dell’articolo incriminato. Ecco la mia versione della storia: al liceo si iscrivono ragazzi che hanno preso bei voti all’esame di terza media ma anche ragazzi che non sono andati così bene. Ben il 61% dei ragazzi che si iscrivono al liceo hanno preso un voto all’esame di terza media compreso tra sei e otto.

Poi esistono anche quelli che prendono un bel voto alle medie e decidono di fare l’ITIS. Io mi ricordo di aver preso 10 all’esame di terza media e contavo di fare l’istituto tecnico indirizzo informatico. Poi per pressioni “esterne” sono finito al liceo scientifico e una laurea in statistica.

E’ vero quello che diceva Pirandello sul fatto che gli esami non finiscono mai ma è anche vero che gli esami devono essere presi per quello che sono, senza troppe ansie. Si dice che Albert Einstein venne rimandato in matematica. Non so se questo aneddoto sia vero in ogni caso mi piace credere che lo sia.