Questioni di sopravvivenza

Ogni giorno in Italia si scoprono circa 1.000 nuovi casi di cancro.

Questi sono i dati dell’ultimo rapporto “I numeri del cancro in Italia 2020” a cura della Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e l’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUR). Nel rapporto vengono menzionati e discussi tre indicatori chiave: l’incidenza, la mortalità e la sopravvivenza.

L’incidenza indica quanti nuovi casi vengono diagnosticati in una popolazione di riferimento, di solito 100.000 abitanti, in un arco di tempo definito (ad esempio l’anno).

La mortalità (o tasso di mortalità) indica il numero di persone decedute in una popolazione di riferimento, di solito 100.000 abitanti, in un arco di tempo definito (ad esempio l’anno).

Infine abbiamo la sopravvivenza dopo la diagnosi che è uno dei principali indicatori che permette di valutare sia la gravità della malattia sia l’efficacia del sistema sanitario. Si misura calcolando quanto sopravvivono in media le persone che sono colpite da un tumore con determinate caratteristiche al momento della diagnosi. La sopravvivenza a 5 anni indica quante persone a cui è stato diagnosticato un tumore sopravvivono dopo 5 anni dalla diagnosi. In Italia la sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi di un tumore maligno è del 54 per cento fra gli uomini e del 63 per cento fra le donne.

La tabella qui sopra riporta il tasso di sopravvivenza a 5 anni, dettagli per tipologia di tumore. Però:

Le statistiche sulla sopravvivenza possono essere difficili da interpretare, più di quanto non sembri.

Esistono alcuni aspetti importanti che devono essere tenuti bene a mente quando si calcola, si legge o si interpreta questo tipo di indicatore. Al solito su infigures cerchiamo di raccogliere alcune statistiche interessanti ma allo stesso tempo cerchiamo di fornire al lettore i giusti strumenti per una lettura corretta e puntuale evitando le insidie che si nascondono dietro i numeri. Nel caso dei tassi di sopravvivenza a volte i numeri possono essere un poco fuorvianti per via di 4 fenomeni che possono verificarsi. Vediamoli insieme:

  • Lead-time bias
  • Overdiagnosis bias
  • Length-time bias
  • Stage migration

Lead-time bias

Per descrivere questo fenomeno immaginiamo due persone che sviluppano entrambe un tumore al loro 60esimo anno di vita, inizialmente senza sintomi evidenti. Il paziente A non si fida della medicina moderna, non effettua alcun esame di screening e nemmeno si rivolge al medico quando alla fine i sintomi cominciano a manifestarsi. Un giorno, all’età di 65 anni, viene ricoverato in stato di emergenza e finalmente il tumore viene diagnosticato. A questo punto -purtroppo- il cancro si è diffuso e muore dopo un anno dalla diagnosi.

Il paziente B è più attento, ascolta i consigli dei medici e partecipa allo screening sanitario nazionale. Il cancro viene diagnosticato all’età di 61 anni e inizia subito la terapia, purtroppo il trattamento risulta inefficace e anche il paziente B muore a 66 anni. La figura 1 illustra bene questo scenario.

Figura 1

La sopravvivenza del paziente A dopo la diagnosi è di appena 1 anno, mentre per il paziente B è di 5 anni. Questo fenomeno è noto come lead-time bias e mostra essenzialmente come una diagnosi precoce migliori i tassi di sopravvivenza. Pur tuttavia, il fatto che i tumori rilevati dallo screening abbiano tassi di sopravvivenza migliori rispetto ai tumori rilevati per via del manifestarsi dei sintomi non è di per sé una evidenza che lo screening “salva la vita”. Inoltre il fatto che alcuni paesi abbiano un migliore tasso di sopravvivenza a 5 anni rispetto ad altri paesi non dimostra che i pazienti vivano di più: le differenze potrebbero essere imputabili al fatto che i propri cittadini sono più simili al “tipo B” dell’esempio precedente (persone che si controllano regolarmente).

Overdiagnosis bias

Il fenomeno della “sovra-diagnosi” si ha quando ad un individuo viene diagnosticata –e di conseguenza trattata– una condizione clinica per cui non avrebbe mai sviluppato sintomi e non avrebbe mai rischiato di morire. Questa problematica sta cominciando ad essere abbastanza conosciuta: sono sempre più frequenti articoli e testi su questo tema. Il punto è che questo fenomeno ha importanti ricadute sia sulla salute pubblica sia sui costi del sistema sanitario nazionale.

Casi di sovra-diagnosi del tumore sono molto frequenti. Occorre considerare che non tutti i piccoli tumori diventeranno grandi e pericolosi. Inoltre, i tumori sovra-diagnosticati vengano spesso diagnosticati accidentalmente (quando si cerca un altro problema) o attraverso lo screening. Il problema è che quando il cancro è nelle prime fasi, è difficile distinguere tra tumori maligni e tumori benigni che non rappresentano una minaccia per il paziente. Studi autoptici suggeriscono che quasi il 60% degli uomini avrà un tumore alla prostata non diagnosticato all’età di 80 anni, ma la maggior parte di questi sarebbe innocua e non causerebbe mai sintomi.

È facile vedere come il fenomeno della sovra-diagnosi abbia un impatto positivo sui tassi di sopravvivenza perché nel conteggio della sopravvivenza vengono inclusi individui a cui è stato sì diagnosticato un tumore ma che comunque non rappresenta una minaccia per la loro vita.

Length-time bias

Immaginiamo di voler stimare il consumo medio di alcolici in un pub. Un modo per farlo sarebbe semplicemente quello di presentarsi in un determinato momento al pub e prendere nota del numero di bevande alcoliche delle persone presenti. Da notare però che alcune persone rimangono al pub tutta la notte e altre si limitano a fare un salto per una mezza pinta e via. Per questo motivo è più facile imbattersi in persone che rimangono nel pub per più tempo; più difficile trovare persone che sono entrate hanno bevuto velocemente e sono uscite subito. Inoltre se le persone che trascorrono più tempo al pub bevono anche di più, la nostra stima del consumo di alcolici risulterebbe distorta. Questo fenomeno viene chiamato length-time bias.

Lo screening è soggetto a questa problematica più o meno allo stesso modo dell’esempio del pub. Se l’indagine investigativa del fenomeno viene effettuata in un determinato momento, tenderemo a trovare molte persone con tumori a crescita lenta e meno con tumori a crescita più rapida.

Figura 2.

Supponiamo ad esempio che lo screening venga effettuato con cadenza annuale. Nel nostro campione sarà pertanto più difficile trovare pazienti con tumori molto aggressivi (diciamo quelli che portano alla morte del paziente in pochi mesi). La figura 2bis illustra bene questo fenomeno.

Figura 2bis.

Il nostro campione sarà composto con più probabilità da persone che hanno tumori meno aggressivi e che pertanto tendono a vivere più a lungo. Questo fenomeno pertanto può farci sovrastimare il tempo medio di sopravvivenza.

Il bias temporale (length-time bias) è correlato alla diagnosi eccessiva di cui abbiamo parlato in precedenza. Poiché lo screening tende a rilevare i tumori a crescita più lenta, tenderà anche a trovare quelli che non progrediranno affatto (appunto i tumori sovra-diagnosticati discussi in precedenza). Alla luce di questo, quando si effettuano confronti di sopravvivenza tra paesi con e senza programmi di screening a livello nazionale, oppure si effettuano confronti prima e dopo l’introduzione dello screening, è assolutamente necessario considerare questi effetti di disturbo.

Stage migration

L’ultimo fenomeno di cui vorrei parlarvi oggi prende il nome di “stage migration” scusate se ancora una volta prediligo la dicitura inglese per via della mancanza di una soddisfacente traduzione in italiano. Anche in questo caso procediamo con un esempio che esula completamente dal nostro caso in oggetto ma che serve a chiarire le idee sul concetto di base.

Esempio calcistico: consideriamo il passaggio di un giocatore tra due squadre. Il giocatore in questione è una riserva della Juventus. Un giocatore molto capace ma che non trova spazio tra i titolari. Per questo motivo la dirigenza ha deciso di darlo in prestito all’ Albino Leffe. Questo passaggio ha garantito un miglioramento della “bravura media” di entrambe le squadre. Questo perché il giocatore in questione era al di sotto della media della Juventus e al di sopra della media dell’Albino Leffe. Questo fenomeno è conosciuto come effetto Will Rogers. Chiarito il concetto, ritorniamo al nostro caso di interesse.

L’epidemiologo Alvan Feinstein ha osservato che un cambiamento nel modo in cui viene classificato un tumore può provocare artificialmente miglioramenti nei tassi di sopravvivenza. Cerchiamo di capire un po’ meglio. Solitamente i tumori vengono classificati in base allo stadio di sviluppo (sulla base della dimensione del tumore e la sua diffusione nell’organismo). L’effetto Will Rogers può verificarsi quando pazienti precedentemente classificati in uno stadio “buono” vengono migrati in uno stadio “peggiore”, magari per via dell’utilizzo di una nuova tecnologia diagnostica. Se le persone che migrano dal gruppo A al gruppo B hanno un tasso di sopravvivenza peggiore delle altre persone nel gruppo di origine (A) ma migliore di quello delle persone del gruppo di destinazione (B), allora il tasso di sopravvivenza risulterà migliorare in entrambi i gruppi. Allo stesso modo in cui il passaggio della riserva juventina dalla Juventus all’Albino Leffe ha migliorato la bravura media di entrambe le squadre. La figura 3 aiuta a chiarire il fenomeno visivamente.

Figura 3.

Conclusioni

Abbiamo visto come questi quattro fenomeni possono influenzare le statistiche riguardanti i tassi di sopravvivenza ed occorre prestare particolare attenzione alla loro corretta interpretazione. Un primo suggerimento potrebbe essere quello di guardare ai tassi di mortalità (numero di decessi per tumore rispetto alla popolazione). I tassi di mortalità infatti sono meno influenzati dalle problematiche descritte perché sono calcolati sull’intera popolazione a rischio e non su coloro a quali è già stato diagnosticato un tumore. Ciononostante anche i tassi di mortalità hanno i loro limiti, perché le morti potrebbero essere frutto di casi diagnosticati molto tempo fa e per le quali non erano a disposizione i trattamenti e le cure disponibili oggi. Inoltre va considerato che l’incidenza del tumore possa essere naturalmente cambiata nel corso del tempo (magari per una maggiore o minore esposizione ai fattori di rischio quali ad esempio il fumo).

In generale dunque non è facile trovare una soluzione univoca. Il messaggio che vorrei trasmettere è che bisogna prestare sempre molta attenzione all’interpretazione degli indici statistici (non solo il tasso di sopravvivenza) soprattutto quando si fanno confronti tra paesi diversi oppure confronti temporali. In altre parole, quando si fa un confronto, occorre essere sicuri che non ci siano altre variabili che abbiano potuto (anche solo in parte) influenzare le nostre statistiche. Se queste variabili/fenomeni sono presenti e non sono eliminabili, occorre tenerne conto e correggere i nostri indicatori (statistiche).

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